Due appuntamenti a La Via dei Librai, giovedì 25 aprile e venerdì 26 aprile

Giovedì 25 aprile, ore 11.00 – Piano della Cattedrale
Stile di Vita Mediterraneo: genesi, realtà e promozione. Dal Parco nella Sicilia centrale al Movimento nell’intera Sicilia
Intervengono: Giuseppe De Santis, ideologo e coordinatore progettuale del “Primo Parco Mondiale dello Stile di Vita Mediterraneo”; Francesco Nicoletti, Assessore alla Crescita Territoriale del Comune di Caltanissetta e promotore del “Primo Parco Mondiale dello Stile di Vita Mediterraneo”; Federico M. Butera, docente emerito del Politecnico di Milano; Francesco Sottile, docente ordinario dell’Università di Palermo, referente Fondazione Slow Food Internazionale; Aurelio Angelini, Direttore rivista Culture della Sostenibilità, presidente CNES-Agenda 2030 UNESCO; Giuseppe Barbera, docente ordinario dell’Università di Palermo.
A cura del Parco Mondiale dello Stile di Vita Mediterraneo.

Venerdì 26 aprile, ore 18.00 – Piazza Bologni
Presentazione dell’Associazione siciliana dello Stile di vita Mediterraneo: il Parco e i 5 poli
Partecipano: Francesco Nicoletti, assessore del Comune di Caltanissetta delegato per il Parco, Beppe De Santis, progettista del Parco, e Roberto Gambino, sindaco di Caltanissetta.
A cura del Parco Mondiale dello Stile di Vita Mediterraneo.


Il programma completo degli eventi di La Via dei Librai. Scarica con WeTransfer -> https://we.tl/t-Lb0DWBAHns


La Via dei Librai

Una Expo di libri e idee su strada, La Via dei Librai ® nasce nel 2016 come manifestazione per promuovere l’immagine e per attrarre visitatori e potenziali acquirenti per i soci dei “Cassaro Alto”, l’associa- zione nata tra le imprese commerciali della via Vittorio Emanuele, il Cassaro di Palermo, e finalizzata a contrastare le difficoltà dell’accessibilità e dei nuovi assetti della mobilità verso e dalla città storica. Lungo il percorso – oggi alla nona edizione – il progetto, che ha come principali protagonisti i librai e gli editori indipendenti e quale partner di riferimento il Comune di Palermo, ha acquisito l’apporto culturale di numerosi organismi nel territorio a partire dalle scuole e dall’Università degli Studi di Palermo. Fin dal 2017 il Comitato scientifico ha scelto di tematizzare ciascuna edizione, dando vita ad un proficuo connubio tra la fiera commerciale e il festival culturale. Per il 2024 il tema di riferimento è “Artigiani di pace”, un’espressione tratta dagli scritti di papa Francesco, la cui scelta, in questo momento storico-culturale, vuole stimolare una riflessione personale e sociale su una condizione, quella di pace, di armonia, di non conflitto, che è aspirazione condivisa da tutti gli uomini, ma richiede una consapevolezza ed un impegno quotidiano, momento per momento, che vanno costruiti artigianalmente, facendo concretamente “ognuno qualcosa” a partire dai propri ambiti di vita.

Nel confronto sul tema e nella sempre più ricca e interessante proposta di libri e letture ci accompagnano quest’anno, oltre ai cinquanta espositori con oltre 40 case editrici rappresentate, alle scuole, alle reti di scuole, alla Biblioteca Centrale della Regio- ne Siciliana, al Museo RISO e alla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia: il World Food Programme, l’agenzia ONU per l’assistenza alimentare (premio Nobel per la Pace 2020); ICAN (Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari) – coalizione di organizzazioni non governative di cento paesi che promuovono l’adesione e l’attuazione del Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari, premio Nobel per la Pace 2017: il Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci – nella ricorrenza del centenario dalla nascita del sociologo triestino, che in Sicilia negli anni ‘50 si è guadagnato la denominazione di “Gandhi italiano”; la Rete delle Università per la pace; il Museo mondiale per lo stile di vita mediterraneo; l’associazione del Corpo Consolare di Palermo.

Particolare significato ha, già dallo scorso anno, l’intesa con l’Associazione dei Librai Italiani aderente a ConfCommercio – Imprese per l’Italia, che sottolinea e rafforza l’impegno de La Via dei Librai per la valorizzazione della figura professionale e del ruolo sociale del libraio nella comunità locale e nazionale.

Anche quest’anno, inoltre, La Via dei Librai dà il proprio supporto ad iniziative strategiche per potenziare un’azione diffusa di promozione della lettura nella nostra regione attraverso alleanze plurali con altre istituzioni e iniziative, come già nel 2017 con il sostegno al Patto per la lettura della città di Palermo, e lo scorso anno con il protocollo sotto- scritto tra le manifestazioni letterarie di Palermo (Una Marina di Libri, Festival delle Letterature
Migranti, Illustramente e La Via dei Librai) e, oggi, con la nuova rete “Lungomare letterario” (La Via dei Librai a Palermo, Termini Book Festival a Termini Imerese, Notturno d’autore a Capo d’Or- lando e Etna Book a Catania) e con la nascente collaborazione con la Strada degli Scrittori. Novità di quest’anno, inoltre, un’azione specifica per l’avvio della rigenerazione della villa Bonanno, un giardino storico adiacente al Cassaro che potrà diventare uno spazio vivo a ser- vizio dei residenti e dei visitatori. La Via dei Librai, tra l’altro, in occasione del 400° anniversario del Festino di S.Rosalia, ha sottoscritto un’intesa con i promotori dell’Itinerarium Rosaliae per le attività di bookshop e ospita la Generalitat de Catalunya per un gemellaggio con la tradizionale festa di S. Jordi, che, il 23 aprile a Barcellona, unisce i libri alle rose. Anche quest’anno, infine, non può mancare un ringraziamento ai tanti che, da partner, partecipanti, sostenitori e visitatori, contribuiscono a dare vita e significato alla manifestazione.

Comitato “La Via dei Librai”


Il Manifesto

ARTIGIANI DI PACE
“Non so se (…) le abbiano raccontato la mia storia. Sono il pilota che ha guidato, nella Seconda Guerra Mondiale, la missione atomica Hiroshima e da allora la mia coscienza è stata tormentata da rimorsi”.
Claude Robert Eatherly, 22 aprile 19601.

Quando da Perugia fino ad Assisi, si svolse la prima marcia della pace, era una domenica dell’anno 1961. Il mira- colo italiano si era già compiuto, ed il nostro Paese aveva cono- sciuto il cosiddetto boom carat- terizzato da una forte crescita economica e da un rapido svi- luppo tecnologico. Il tema della pace poteva considerarsi supe- rato. Il consumismo garantiva, distraendo, il benessere della collettività.

Eppure in quella cornice appagante, Aldo Capitini sentì l’impellenza di testimoniare attraverso un cammino comune, non violento, l’esigenza di un impegno attivo a favore della pace e della solidarietà dei popoli.
Le ragioni erano semplici. Egli stesso le spiegò in Opposizione e liberazione: «Aver mostrato che il pacifismo, che la nonvio- lenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta, con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nelle so- lidarietà che suscita e nelle non collaborazioni, nelle proteste, nelle denunce aperte, è un gran- de risultato della Marcia».

Il 1961 è l’anno della costruzione del muro di Berlino, lo stesso nel quale il Presidente Eisenhower annuncia la rottura delle relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e Cuba, quello in cui John Kennedy presta giuramento come 35o presidente degli Stati Uniti d’America, quello in cui nasceva Amnesty International e quello in cui l’Unione Sovietica effettua un test nucleare della potenza di 58 megatoni, detta anche Bomba Zar, considerata la più potente esplosione nucleare di tutti i tempi. Il 1961, ancora, è l’anno in cui gli Stati Uniti effettuano il primo intervento nella guerra del Vietnam, ed a Gerusalemme viene emessa la sentenza di condanna a morte per il criminale nazista Adolf Eichmann. Il 1961 è l’anno in cui Jurij Gagarin è il primo uomo nello spazio.

Oggi il mondo è cambiato, per gli uomini la luna non è più una chimera e mentre ci confrontiamo con la profezia di una ulteriore rivoluzione tecnologica per mezzo dell’intelligenza artificia- le, lo stesso mondo, travolto dai cambiamenti climatici, è immer- so in conflitti non solo armati ma anche culturali che moltiplicandosi, infliggono la morte fisica di un numero incalcolabile di vittime innocenti e ostacolano la diffusione della cultura della pace. Perché non c’è pace allora? Perché la guerra?

La storia dell’umanità è un mosaico di conflitti e tensioni. Tutte con un comune denominatore: l’uomo ed il potere. In un passaggio delle Conversazioni, raccolte da Giacinto Spagnoletti, Danilo Dolci osserva: “Secondo alcuni fisici, tra i maggiori del mondo, tra poche decine di anni, forse anche prima,
sarà possibile costruire bombe atomiche anche da parte di gruppi privati. Io non so se gli uomini decideranno di sopravvivere o di suicidarsi; ma mi è certo che se decideranno di sopravvivere, saranno costretti a inventare una nuova cultura, una nuova morale, una nuova organizzazione, e dovrà essere non-violenta. I germi di essa non mancano oggi, ma siamo ancora a uno stadio primordiale, tutto è da sviluppare. La fisica non è morta quando è morto Einstein, rispondo a chi mi dice che Gandhi e Martin Luther King sono stati assassinati.
In questi anni credo di avere imparato un’altra cosa, e spesso la cito. Nel Settecento Venezia possedeva ben ventisette stamperie di musica: la gente non solo ascoltava musica, faceva musica. Venezia non veniva costruita dall’architetto con la ‘A’ maiuscola. Famiglie e operai quanto costruivano una casa facevano un’opera d’arte, e Venezia è cresciuta in questo clima. Ogni casa, una piazza…un’altra… E così, lentamente, con una popolazione creativa, da cui Vivaldi poteva essere fischiato se avesse osatO riprodurre lo stesso concerto in pubblico quindici giorni dopo, Venezia diveniva un capolavoro collettivo. Soltanto a una il mondo può sopravvivere e sviluppandosi: il progetto della città terrestre divenga l’impegno non solo di poeti, urbanisti, economisti e scienziati di ogni settore. Divenga un capolavoro collettivo: col contributo di ciascuno, di ciascuno di noi.”
La pace è un capolavoro comunitario. Tuttavia i bisogni, le preferenze, gli interessi di ciascuno – sia individuo, gruppo sociale o Stato – sono elementi specifici di distinzione che portano a diversità e divergenze e da queste, se non si adottano le modalità dell’ascolto, della comprensione, del rispetto, del confronto e della mediazione, è facile che emergano contrasti insanabili, dai quali si possono generare i conflitti devastanti.
Per questo assume significativo rilievo, l’impegno del Papa Francesco che sin dall’inizio del suo pontificato ha pregato perché vi sia pace in ogni angolo del pianeta e nel contempo ha invitato tutti a fare altrettanto, affinché la «terza guerra mondiale a pezzi» lasci il posto alla convivenza pacifica e rispettosa.
Anche nel discorso ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, all’inizio di questo anno, il Papa evidenziando il quadro dei conflitti attualmente nel mondo, ha ricordato: “la via della pace passa per l’educazione, che è il principale investimento sul futuro e sulle giovani generazioni. […] Conservo nel cuore l’incontro con più di un milione di giovani, provenienti da ogni parte del mondo, pieni di entusiasmo e voglia di vivere. La loro presenza è stata un grande inno alla pace e la testimonianza che «l’unità è superiore al conflitto» e che è «possibile sviluppare una comunione nelle differenze»”.
È dunque la diversità alla base della conflittualità? Ogni giorno ci imbattiamo nella necessità di far fronte alle differenti esigenze che ci si presentano e alle quali dobbiamo dare risposte: prendendo posizione, comunicando tali posizioni ai nostri interlocutori, operando delle scelte e mettendo in atto i comportamenti conseguenti. Ogni giorno dobbiamo elaborare e mettere in atto strategie e progetti a breve e lungo termine tenendo conto del contesto nel quale viviamo e delle differenze e delle possibili divergenze anche rispetto alla nostra esperienza e questo, oltre a generare difficoltà, può indurre al conflitto con sé o con gli altri.
Come superare la diffusione dell’ideologia del conflitto? L’educazione, principale investimento sul futuro, come giustamente osservato dal Papa, è alla base di un nuovo processo collettivo senza il quale il processo di costruzione che conduca l’umanità sulla via della pace appare sempre più faticoso ed a volte, perfino, irraggiungibile. Lo dicono le tremende immagini dei telegiornali, attraverso le quali la guerra Israele-Hamas, quella Russa-Ucraina, del Sudan o del Myanmar giungono, con drammatiche testimonianze audio, all’ora dei pasti, in ogni nostra casa. Occorre fare presto. Siamo immersi nella diversità che viene percepita come ricchezza o che appare di ostacolo ad una pacifica e armonica convivenza, ed è nel come ci poniamo di fronte a questa realtà che viene tracciata la prospettiva di un cammino che si indirizzi verso la pace o verso lo scontro.
Lo sviluppo della civiltà umana ha costantemente visto il ripeter- si di comportamenti conflittuali che hanno avuto e hanno la manifestazione estrema nello stato di guerra, tra persone, tra gruppi sociali, tra stati. Allo stesso modo l’umanità ha visto esprimersi e diffondersi movimenti indirizzati a comportamenti di incontro e dialogo per la costruzione e il mantenimento della pace tra i diversi soggetti coinvolti.
Il presidente dell’U.R.S.S. Michail Gorbačëv, a New York, il 7 dicembre 1988, all’Assemblea Generale dell’ONU tracciava limiti e avvertimenti concreti, con parole chiare e inequivocabili: “il mondo in cui viviamo oggi è radicalmente diverso da quello dell’inizio o addirittura della metà del nostro secolo. Ed esso continua a mutare in tutte le sue componenti. La comparsa delle armi nucleari non ha fatto che sottolineare tragicamente il carattere fondamentale di tali mutamenti. In quanto simbolo materiale e veicolo di una forza bellica assoluta, esse hanno contemporaneamente messo a nudo i limiti assoluti di tale forza. Si è posto in tutta la sua grandezza il problema della sopravvivenza e dell’autoconservazione dell’umanità. Sono in atto profondissimi mutamenti sociali”.
Il legame generativo tra i conflitti e la messa in atto di un principio di disuguaglianza, come ha osservato il presidente della Repubblica Mattarella, esiste e: “la guerra – ogni guerra – genera odio. E l’odio durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti. La guerra è frutto del rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali. Dotati di pari dignità. Per affermare, invece, con il pretesto del proprio interesse nazionale, un principio di diseguaglianza. E si pretende di asservire, di sfruttare. Si cerca di giustificare questi comportamenti perché sempre avvenuti nella storia. RifiutandO il progresso della civiltà umana.” Da dove ripartire?
È dentro di noi che la pace comincia. Questa pace che non troviamo prefabbricata in nessun luogo, ma che s’intesse come un lento lavoro d’artigiano, intrecciando con sapienza fili diversissimi, rispettando l’unicità di ciascuno e, allo stesso tempo, scoprendo il significato profondo della convivialità. Questa pace che non ha vincitori né vinti, ma è una danza di esseri umani che si tengono per mano e imparano ad accettarsi nella loro reciproca fragilità; esseri che abbracciano nei loro simili quella stessa solitudine che portano dentro di sé, anche se in gradi differenti, e che non rinunciano a valorizzare il desiderio, le ragioni e i sogni che fanno di ogni persona un compagno di cammino verso l’infinito. Per cogliere con più immediatezza il bisogno di pace che è insito in ciascuno uomo ed in ciascuna comunità, basti pensare alla destabilizzazione provocata dai numerosi e ripetuti recenti avvenimenti legati alla violenza e al degrado nei comportamenti individuali e sociali anche nella città. Le quotidiane richieste accorate di maggiore sicurezza e pace provenienti da tanti cittadini e operatori economici e sociali devono alimentare un dibattito costruttivo che conduca a percorsi educativi concreti e tangibili.
La constatazione del permanere in atto di un sistema culturale e sociale basato sui conflitti, la necessità di sviluppare senza esitazioni e dilazioni temporali un sistema alternativo che permetta “un comportamento evoluto o degno dell’uomo”, ci spingono a proporre per la nona edizione de “La Via dei Librai” un percorso di riflessione comunitaria sulla prospettiva collettiva che impegni ciascuno ad essere “artigiani della pace, in cammino per la pace”. Una riflessione che riteniamo si possa realizzare anche attraverso la promozione dell’ascolto e del confronto. Un obiettivo reso possibile grazie al contributo della lettura e della letteratura in ogni sua forma e modalità. Pensiamo al contributo straordinario di scrittori come Tiziano Terzani, Vasilij Grossman, Gino Strada, Amos Oz, Nelson Mandela, Maria Montessori, Gandhi, Danilo Dolci, Emmanuel Mounier. Essere artigiani di pace com- porta un impegno individuale e comunitario al contempo. Un impegno fatto anche di gesti semplici e improvvisati, come a Berlino, l’11 novembre 1989. Mstislav Rostropovich è solo con il suo violoncello davanti al muro di Berlino, suona per festeggiare la fine della guerra fredda e la gente piange. Lui stesso disse: “Nel 1974 l’Unione Sovietica mi ha buttato via come uno straccio, prima di allora non potevo suonare a Berlino Ovest, dopo non potevo andare a Berlino Est. Quando il muro è crollato la mia vita si è riunita. Non volevo suonare per la gente, ma per ringraziare Dio di quello che era accaduto. Quando sono arrivato lì ho dovuto chiedere in prestito una sedia ad un abitante di Berlino. Ho suonato arie con accordi maggiori perché ero felice, la mia vita si era riunita. Poi ho visto un giovane ed ho pensato che per quel muro erano morte molte persone. Allora ho suonato un’aria in re minore. Alla fine quel giovane si e’ messo a piangere”.
In uno dei preziosi dialoghi maieutici di Chissà se i pesci piangono, Danilo Dolci riporta un dialogo che anima una ricchissima conversazione di comunità. È la metodologia della maieutica reciproca, al Centro Educativo di Mirto, poco fuori Partinico, in cui ciascuno, giovane o adulto, poteva crescere in relazione con gli altri, esprimendo la propria personalità e i propri desideri, confrontandoli con quelli degli altri, cercando di armonizzarli in un reciproco adattamento creativo. L’argomento è: fino a che punto il progresso è veramente progresso? Quando invece diventa autodistruzione? Vengono fuori tante idee ed osservazioni brillanti. Tra le tante, due. La prima è di Danilo: “Progredire significa, dal latino, andare avanti. La mia prima impressione è sul problema di cosa è il progresso gli uomini hanno pensato scarsamente. Poco han- no meditato anche i più saggi. Pensiamo un momento ad uno strumento che talvolta viene a identificarsi, a simboleggiare l’idea del progresso: l’aereo. Fino a che punto, cioè, in che senso un aereo è elemento di progresso? Se il progresso si misura in chilometri all’ora, l’aereo è certo uno strumento col quale si può portare tanto un padre dai suoi bambini quanto un uomo che va a buttare napalm su dei bambini. Fatta la distinzione tra strumenti e valori, direi, riassumendo che esiste progresso, quando la conquista dell’uomo è una conquista, un bene per tutti, nel presente e nel futuro”. Forse tutti potremmo sforzarci di immaginarci, al Centro Educativo di Mirto, in questo dialogo e con Ignazio, ieri come oggi, affermare che: “il vero progresso è quando si eliminano tutte le guerre”. Ecco l’urgenza di essere artigiani di pace.

Palermo, febbraio 2024
Francesco Lombardo, Giulio Pirrotta Comitato scientifico de “La Via dei Librai”

Related Posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *